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Aspettati un raccolto

Aaron KauffmannL'anno scorso ho letto il Nuovo Testamento con due dei miei figli. Quando abbiamo terminato il capitolo finale dell'Apocalisse, con la sua rappresentazione della città santa, dove Dio abiterà con l'umanità, e dell'albero della vita piantato al centro che porterà guarigione alle nazioni, mia figlia ha esclamato: "Voglio vivi in ​​quella città!”

Anche a me! Certo, questo significa aspettare il ritorno di Colui che dice: «Certo, vengo presto» (Ap 22).

Ma facciamo di più che aspettare. Viviamo con attesa, anticipando il giorno del ritorno di Cristo unendo ciò che sta facendo ora per mezzo del suo Spirito. Gesù sta radunando persone di ogni nazione, tribù e lingua in un'unica famiglia globale sotto la sua signoria.

Oppure, per usare un'immagine diversa, ci uniamo a Gesù nel vedere con occhi pieni di speranza che «i campi sono maturi per la mietitura» (Gv 4). E con fervente attesa, «chiediamo al padrone della messe che mandi operai nella sua messe» (Mt 35).

A volte, però, i nostri occhi restano fissi sul campo che stiamo attualmente coltivando. Non vediamo le nuove opportunità all'orizzonte.

Per fortuna, Gesù sa alzare lo sguardo verso altri campi pronti per la mietitura.

Un esempio viene dal Vangelo di Giovanni. Il testo dice che Gesù «doveva passare per la Samaria» (4). Vede un raccolto imminente, ma è chiaro che i suoi discepoli riluttanti non lo fanno. Vedono Gesù: stanco, affamato e assetato. E vedono i Samaritani, un popolo affine il cui lignaggio e il cui culto sono contaminati da influenze straniere. Nessuna opportunità per il regno di Dio di irrompere qui.

Eppure Gesù vede una messe. Usa il suo stato vulnerabile per coinvolgere una donna samaritana in una conversazione. La sua richiesta di acqua e le sue intuizioni dolci ma penetranti disarmano le sue domande, aprendole il cuore alla buona notizia che lui è il Messia. Con entusiasmo condivide la sua esperienza con il prossimo, che scopre da sé che Gesù «è veramente il Salvatore del mondo» (Gv 4).

Intanto i discepoli, sconvolti nel vedere Gesù parlare con una samaritana, non riescono a pensare a niente da dire se non: "Rabbì, mangia qualcosa" (Gv 4). La loro preoccupazione per la provvidenza terrena li rende ciechi alla festa spirituale proprio di fronte a loro. «Il mio cibo», dichiara Gesù, «è fare la volontà di colui che mi ha mandato e portare a termine la sua opera. … Te lo dico io, apri gli occhi e guarda i campi! Sono maturi per la mietitura» (Gv 31-4).

Come i discepoli, possiamo essere così preoccupati per i nostri bisogni da non poter vedere la generosità nel raccolto globale di Dio. E se permettessimo alla nostra fame di spingerci nei campi di grano del mondo? Possiamo confidare che Gesù è già lì, invitandoci a raccogliere con gioia ciò che altri hanno seminato?

Possano le storie di trasformazione riaccendere la nostra fede per pregare, dare e andare, aspettando un raccolto.